Un’estate dal cielo coperto
L’estate che sta per concludersi ha visto i cieli del capitalismo mondiale attraversati da nubi nere, minacciose, nubi che spaventano e creano incertezza sul prossimo futuro. Nuvole che hanno oscurato il Venezuela, Paese scosso da una crisi profonda, con una moneta diventata cartastraccia e una popolazione allo stremo e costretta alla fuga di massa negli Stati vicini. Nubi sinistre attraversano i cieli della Turchia la cui moneta nazionale è arrivata a perdere, da inizio anno, oltre il 60% del suo valore sul dollaro, dell'Iran dove il prezzo del rial si è più che dimezzato rispetto alla valuta statunitense, l'inflazione viaggia sul 13% mensile, e la disoccupazione supera il 25%. Le nuvole del capitalismo attraversano anche i cieli italiani, minacciano possibili piogge a causa dell'andamento dello spread, ma è tutta l'economia internazionale a vivere una nuova fase di paura e incertezza. Il tema di una nuova crisi economica torna ad essere presente sui mezzi di informazione. Attenti
esponenti della classe dominante guardano ormai con timore il domani. Ferruccio de Bortoli, per esempio, sull'inserto economico del Corriere della Sera di lunedì 27 agosto scrive che l'economia internazionale non hai mai avuto un periodo così lungo di espansione, ma «non è imprevedibile che finisca presto». Per il modo di produzione capitalistico la crisi è inevitabile, è tutt'altro che un evento eccezionale e straordinario. La crisi è una conseguenza necessaria, naturale e periodicamente ineludibile della società borghese. Noi lo sappiamo, e le nubi di questa estate stanno lì a dimostrarlo.
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