Un mondo in movimento
Una recente ricerca effettuata presso il sito di Stonehenge, nell'Inghilterra meridionale, indica che alcuni dei resti trovati nelle sepolture intorno al celebre complesso megalitico sarebbero appartenuti a persone vissute nel Galles occidentale. Questi individui, o i loro resti, avrebbero viaggiato, quindi, per centinaia di chilometri. Secondo uno degli studiosi impegnati nella ricerca, «i nostri risultati sottolineano l'importanza delle connessioni tra le diverse regioni – che implicavano tanto i movimenti di materiali quanto quelli delle persone – nella costruzione e nell'utilizzo di Stonehenge» (El País edizione online, 3 agosto). Sulla base della nuova scoperta, si delinea con più precisione un quadro di scambi e contatti «su larga scala» nel Neolitico. Il mito di un passato fatto solo di piccole comunità umane isolate, autosufficienti, felici nel loro isolazionismo e sottratte alle criticità del contatto con i grandi spazi della Storia
appartiene ormai solo alla squallida retorica dei politicanti in campagna elettorale permanente (gli stessi che si guardano bene, per altro, dal rinunciare ai benefici, anche economici, di un mercato globale in cui la loro natura borghese può ritagliarsi comode nicchie). La dimensione del viaggio, dello spostamento, del contatto, dello scontro e dell'interazione tra varie comunità è sempre appartenuta al genere umano. La chiusura in una dimensione sostanzialmente autarchica e ristretta, al di fuori di migrazioni, rotte commerciali, pellegrinaggi, percorsi lavorativi e flussi di conoscenze, ha interessato momenti storici e quote di popolazione molto più ridotti di quanto si pensi comunemente. Le ricerche su Stonehenge, inoltre, si incaricano oggi di confermare come questa comunicazione avvenisse persino su ampia scala già in epoche ritenute un tempo improbabili. Oggi è il capitalismo a imprimere il suo marchio feroce e disumanizzante sulla mobilità umana. Quando non è l'industria del
turismo a muovere masse di viaggiatori, le rotte che interi popoli sono costretti a seguire sono quelle dello sfruttamento della forza-lavoro, della fuga dalle immani contraddizioni dell'ineguale sviluppo capitalistico, dalle guerre della spartizione del mondo tra le grandi potenze e i loro vassalli, dalle conseguenze delle spoliazioni di massa con cui la modernizzazione capitalistica e le dinamiche globali della concorrenza inevitabilmente procedono. Il nodo, la grande sfida posta al cuore della lotta per un futuro umano per il genere umano è nel liberare questa preziosa capacità di movimento, di comunicazione, di conoscenza, dai vincoli e dalle storture del capitale. Non nel costringere l'uomo a ripiegarsi nella miserevole condizione di animale spaventato, avvinghiato alle false certezze di un isolamento mortificante e depauperante. Se questo falso e degradante mito si fosse mai realizzato, non avremmo avuto nemmeno le grandi, misteriose pietre dell'alba della civiltà.
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