LORO E NOI - 14/07/2018
 
Decreto dignità: passa il decreto, ma non la dignità

Doveva essere il decreto con cui ridare dignità ai rider, inquadrandoli come «prestatori di lavoro subordinato» con diritto di «indennità mensile di disponibilità», di malattia, ferie e maternità (Il Fatto Quotidiano del 18 giugno). Doveva essere una dichiarazione di guerra alla precarietà in nome della dignità del lavoro. Ma, a distanza di nemmeno due settimane, è stato lo stesso quotidiano di Confindustria a rilevare come il “decreto dignità”, col quale il neo ministro del Lavoro Di Maio doveva garantirsi la fama di paladino della classe lavoratrice, stesse «perdendo pezzi» (Il Sole 24 Ore del 30 giugno). Dopo aver derubricato le tanto annunciate norme a tutela dei rider, anche la stretta sui contratti in somministrazione veniva stralciata e demandata alla concertazione. Le norme “antidelocalizzazione” venivano calmierate e delle uniche due norme superstiti a tutela del lavoro dipendente, la prima risultava totalmente inefficace, e la seconda si limitava a garantire una manciata di euro in più a chi viene licenziato senza giusta causa.
Insomma, quando il capitale richiama all’ordine i suoi servi, la tanto sbandierata dignità può aspettare.