LORO E NOI - 22/02/2018
 
L'esperto e la sua strana memoria a intermittenza  

Il ragionamento, proposto dallo psichiatra, docente universitario ed esperto di psichiatria forense Stefano Ferracuti sulle pagine de il Giornale del 5 febbraio a proposito dei fatti di Macerata, partirebbe anche da spunti decenti. Il problema, sostiene l'esperto, è riconducibile all'assenza di filtro da parte degli attuali partiti, che hanno abbandonato quelli che erano i criteri tradizionali di gavetta e di formazione a beneficio di un disinvolto reclutamento di candidati. Non è sbagliato. Certo, partiti come la Lega e il Movimento Cinque Stelle si sono rivelati instancabili interpreti di una orrenda demagogia, hanno fatto di tutto per contribuire ad inabissare il dibattito politico del capitalismo italiano a livelli sconcertanti di qualunquismo. Così come ha contribuito la retorica rottamatrice degli arroganti giovanotti del Pd, rivelatisi in verità molto abili a rottamare con il Jobs Act soprattutto le residuali e relative tutele rimaste per i lavoratori. Gli slogan superficiali e semplicistici contro la “casta” e a favore dell'“antipolitica”, vomitati a getto continuo dai partiti populisti, hanno accompagnato l'emergere di una raffazzonata classe politica che non ha certo rinnegato la matrice borghese o superato le inadeguatezze della Prima repubblica. L'impresa riuscita è stata solo quella di incrementare i livelli di cialtronismo e incompetenza. Ma il professore, intervistato sul giornale della famiglia Berlusconi, ha stranamente dimenticato di ricordare l'ultradecennale contributo dato in questo senso dal Cavaliere e dai suoi accoliti. Anni e anni di retorica dell'imprenditore prestato alla politica, di delegittimazione del politico di professione identificato sic et simpliciter come mangiapane a tradimento e l'attività politica equiparata a non lavoro, di sistematica denigrazione dello stesso vocabolo “partito”. Tutto questo scompare nella disinvolta ricostruzione dell'esperto di psichiatria forense che, però, non manca al compito di relegare la prodezza fascista di Macerata a semplice gesto inconsulto di uno «sfigato mezzo matto».  Infine, tutto preso dallo slancio con cui esorta il mondo della politica a chiuderla lì con la storia di Macerata, non trova di meglio che citare, come esempio di lungimiranza e di capacità di disinnescare la tensione, il comportamento tenuto dal regime fascista all'indomani dell'attentato a Mussolini da parte dell'irlandese Violet Gibson. La donna fu dichiarata matta e la faccenda si sgonfiò in un baleno. Dimentica il professore che l'occasione giusta di un attentato al capo del fascismo per imprimere un drastico giro di vite in senso autoritario, il regime la seppe prontamente cogliere. Nel 1926 il quindicenne Anteo Zamboni, ritenuto responsabile di un altro attentato a Mussolini, fu selvaggiamente linciato dai fascisti e il pericolo corso dal loro capo fu ampiamente propagandato e utilizzato per varare le cosiddette leggi fascistissime, destinate a sferrare un duro colpo alle opposizioni. Senza parlare dell'obbrobrio giuridico con cui venne fucilato nel 1931 l'anarchico Michele Schirru, reo di aver avuto l'intenzione di uccidere Mussolini. Insomma, il professore ricorda poco e quando ricorda, ricorda male. Ma se serve alla bisogna di una frazione borghese, anche lui può essere arruolato tra gli “esperti”.