Che bel quadretto
La Provincia Pavese del 20 febbraio pone la questione di un «caso Pavia»: la diffusione in provincia di cooperative nel settore della logistica e le condizioni dei loro lavoratori, sottoposti a turni massacranti, pagati poco e gestiti attraverso modalità di impiego che definire precarie è spesso un eufemismo.
A fare da corona all'articolo, le faccette dei principali candidati con la sintesi della loro "risposta" al problema. L'unico che chiama in causa direttamente la «cosiddetta flessibilità» e propone un rilancio del contratto a tempo indeterminato è il candidato di Casa Pound. Salvo ovviamente incasellare il tutto nel solito schemino statalista e corporativo che vorrebbe la quadratura del cerchio della contrapposizione degli interessi di classe affidata all'intervento salvifico di un potere statuale, miracolosamente alieno da ogni determinazione e condizionamento classista e votato alla salvaguardia di una nazione esente dalle divisioni sociali tipiche del capitalismo. Senza dilungarsi poi sull'applicabilità dello schema fascista del "prima gli italiani" ad un settore come la logistica dove la presenza di forza lavoro immigrata è fortissima. Ma le proposte dei candidati democratici non sono meno penose. Dalla rappresentante Pd, che ritiene opportuno innanzitutto rassicurare chi di dovere (le logistiche sono «frutto della globalizzazione, non possiamo sottrarci»), alla sinistra più "radicale", passando per grillini e "moderati", la presunta soluzione è sostanzialmente una sola: il rilancio economico dell'area attraverso il sostegno agli imprenditori agricoli, alle aziende più o meno virtuose e ai bottegai.
In sintesi, di fronte al "caso" dello sfruttamento dei lavoratori nelle logistiche, il mondo politico borghese non ha altre proposte che un capitalismo a "correzione" fascista o dare più soldi a padroni e padroncini. L'importante è sancire l'intoccabilità del capitalismo. Su questo sono tutti, ma proprio tutti, d'accordo.
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