LORO E NOI - 18/01/2018
 
Anche se un po' discoli, sono sempre figli suoi

Siamo ormai sotto elezioni e la politica borghese deve rivitalizzare i legami con la propria classe di riferimento.
E così anche i rabbiosi partiti anti-sistema mostrano di sapere come farsi accettare dal sistema. Anche gli esponenti politici che si proclamano in continuazione nemici dei poteri forti sanno come diventare graditi ai poteri forti. Ecco infatti il sindaco di Torino, la grillina Chiara Appendino, guidare come un novello Virgilio il proprio candidato premier Luigi Di Maio in quelli che apparentemente dovrebbero costituire degli autentici gironi infernali per un movimento fieramente anti-casta: incontri riservati con i vertici locali di Confindustria, di Confartigianato e dell'Ordine degli architetti (Corriere della Sera, 14 gennaio). Le comparsate al mercato e nelle piazze, tra la mitica gente, vanno bene per lo spettacolo elettorale, ma quando bisogna trovare appoggi nella classe che conta, anche il pentastellato nemico del compromesso e cultore della rabbia popolare è disponibilissimo a salire ai piani alti, pronto all'inchino e alla presentazione delle referenze.
Anche in casa Lega, dove abitualmente si è così attenti all'immagine orgogliosamente populista e ai rudi richiami tribali, non si risparmiano energie in «missioni d'esplorazione e di rassicurazione» ai vertici del potere economico, non solo italiano (La Stampa, 15 gennaio). Ecco gli inviati della fu Padania mettersi in viaggio per la City di Londra con l'obiettivo di «rassicurare i signori della finanza», tessere contatti con la Borsa di Milano e persino il leader Salvini in persona incontrare i rappresentanti di un fondo di investimento mediorientale («petrodollari islamici», ma quando si tratta di danè i capi leghisti sanno mettere la museruola alle loro più feroci pulsioni etniche e religiose). Che siano pentastellati, leghisti o altri componenti della oggi baldanzosa famigliola della demagogia populista, nazionalista e sempre rigorosamente interclassista (e l'interclassismo nella società divisa in classi si rivela alla fine sempre al servizio della classe dominante), si tratta comunque di figlioli (per nascita o per adozione) del capitale. Figlioli forse un po' discoli, ma che sanno sempre ritrovare la via di casa e portare rispetto a chi devono. Turbolenti, sgomitano e fanno un po' di baccano per ritagliarsi il proprio spazio nel poco raccomandabile ma assai frequentato mondo della politica borghese, ma se chiamati a rapporto scattano sull'attenti e rispondono a modino. L'importante è che mostrino sempre di sapere chi è il padrone, contro chi possono o non possono ringhiare. Purché sappiano stare al loro posto nelle gerarchie di classe, anche il teppista, il manganellatore e lo sciacallo possono trovare posto tra la progenie politica del capitale.