Quando l'"eroe" è un po' piangina
La lettera aperta di un «giovane imprenditore» a Berlusconi (il Giornale, 9 gennaio) è solo l'ultima perla di uno squallido genere letterario che tanto spazio si è ritagliato nel panorama (assai meschino) della stampa, della scena politica, della produzione ideologica del capitalismo italiano: le lamentazioni padronali. Il breve ma esemplare scritto contiene tutti i principali stilemi del genere: l'imprenditore quale «eroe giunto al limite», nobile ed infelice creatura vessata da burocrazia, leggi, autorità varie, fino a raggiungere autentiche e ammorbanti vette di retorica padronale (i dipendenti incasellati in una metafora famigliare a cui è attribuito loro il ruolo della prole dell'imprenditore, per cui il "babbo" ha solo pensieri amorevoli e massima cura...). Ovviamente non una parola per provvedimenti come il Jobs Act, con cui la classe lavoratrice è stata ulteriormente asservita al capitale (se questi sono i "padri" imprenditoriali,
urge difendere i "figli" dipendenti in questi malsani ambiti "famigliari"), non una riga per ricordare regali come la disponibilità di studenti come forza-lavoro gratuita, non un accenno ad un sistema fiscale che da tempo immemorabile grava in primis sulle spalle del lavoro dipendente (le statistiche che illustrano come un metalmeccanico sulla carta guadagni più di un gioielliere sono ormai parte del folklore nazionale), per non parlare dell'assenza del benché minimo riferimento alle orde di imprenditori e liberi professionisti che si sono riversati nel corso degli anni sulla scena politica (oltre a continuare a sovvenzionare le formazioni politiche di riferimento), intasando i corridoi di istituzioni grandi e piccole, occupando tutti gli spazi possibili nelle svariate campagne elettorali che flagellano la penisola. Altro che politica nemica dell'impresa!
Indubbiamente anche gli imprenditori, se schiacciati dalla concorrenza ed estromessi dal mercato, possono conoscere dei problemi. Ma è il funzionamento del capitalismo, il sistema che essi approvano, sostengono e come classe imprenditoriale li arrichisce!
Quindi, l'imprenditore sarà pure un «eroe», ma un eroe assai piagnucoloso.
In realtà è un "piangina" che sa il fatto suo: se ringraziasse per i tanti omaggi ricevuti da una dirigenza politica di fatto al servizio della sua classe, potrebbe correre il rischio di dare un'immagine di sé troppo sazia e soddisfatta. Per continuare ad incassare abbondantemente è meglio non smettere di frignare. Su un giudizio però concordiamo perfettamente: il nostro "eroe" è alle prese con «sindacati totalmente incapaci». Peccato che lui aggiunga anche questo al lungo elenco delle sue disgrazie. È vero il contrario, sindacati incapaci di fare il loro mestiere sono stati uno dei fattori che lo hanno generosamente aiutato a raggiungere i suoi obiettivi e nel poter disporre di lavoratori salariati disorganizzati, ingannati, sempre più precari e sfruttati. A onor del vero, dovrebbe ringraziare con le lacrime agli occhi i «sindacati totalmente incapaci», ma anche su questo fronte è meglio per lui continuare a dipingersi come
vittima. Ogni sindacato, anche il più inoffensivo e squalificato, è ancora migliorabile agli occhi del padrone.
L'importante è che i lavoratori non si facciano ingannare nemmeno per un istante da questi viscidi piagnistei. Nessun loro sacrificio, deposto ai piedi di un piagnucolante padrone, potrà mai soddisfarlo definitivamente e garantire ad essi finalmente un futuro sicuro. Nessuna organizzazione dei lavoratori può pensare di rincorrere l'approvazione e i riconoscimenti della classe padronale senza incamminarsi sulla via di un autentico suicidio, in quanto espressione autentica della classe lavoratrice. I piagnistei sono a tutti gli effetti una tecnica di combattimento della classe dominante, una tecnica che poggia in definitiva sulla forza e sul dominio di questa classe. I lavoratori non possono scimmiottare questo atteggiamento che, nel loro caso, si tradurrebbe in una patetica e grottesca sceneggiata, il pietistico quadretto di uno sfruttato ridotto a implorare la misericordia dei propri sfruttatori. Il piagnucolio dei padroni nasconde la frusta. La dignità, la lucidità e l'orgoglio di
classe devono tornare ad essere l'espressione di quella lotta che, sola, può consentire ai lavoratori di rialzarsi in piedi.
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