Un fiore nel fango
Non è nostro costume personalizzare la lotta politica. Ma in certi casi può essere utile soffermarsi sul comportamento di specifici esponenti e rappresentanti della classe dominante.
Perché affiorano tratti comuni di ambienti avvezzi all'esercizio del potere, perché si possono vedere in azione specifiche tecniche retoriche, il ricorso a determinate declinazioni ideologiche, gli abiti mentali di chi è stato formato a non avere problemi nel rivendicare e giustificare le azioni più inique e dannose anche di fronte a quelle classi subordinate a cui queste azioni sono direttamente rivolte.
Da questo punto di vista, il discorsetto tenuto dall'ex ministro Elsa Fornero al termine della proiezione di un film sugli esodati («le "vittime" della riforma che porta il suo cognome», sintetizza La Stampa) è sicuramente istruttivo (un video dell'intervento è sul sito del Corriere della Sera e de La Stampa, 29 novembre).
É istruttivo seguire il ragionamento dell'ex titolare del dicastero del Lavoro, osservare il suo atteggiamento dopo la proiezione di un film che racconta la vicenda di una di quegli esodati («Sullo schermo rimbalza una storia, racconta di come una riforma abbia distrutto vite, famiglie, dignità. Abbia trasformato persone distinte in mendicanti. Quattrocentomila italiani avevano fatto un patto con lo Stato per andare in pensione in anticipo e sono state tradite sei anni fa, poco prima di Natale», La Stampa).
Con il piglio di chi è abituato alla cattedra e a non accettare troppe repliche, l'ex ministro pretende di non essere interrotta e sciorina tutta una serie di "classiche" formule autoassolutorie: la responsabilità non è solo sua, senza il suo intervento la situazione sarebbe stata ancora peggiore, lei ha avuto solo l'«ingenuità» di voler servire il Paese in una fase critica.
Il tutto senza negarsi persino un accenno critico al film: «un'occasione mancata».
E l'ex ministro sa di cosa parla, sa come si coglie l'occasione per scaricare sulle spalle di migliaia di lavoratori il peso di decenni di politiche interclassiste e parassitarie, senza disturbare i centri di potere economico che hanno macinato utili su utili con o senza Governi "tecnici". Lei, povera ingenua sacrificatasi per amor di patria, afferma infine di essere la vera sconfitta («io perdo sempre»). È interessante osservare la rappresentazione che ha offerto di sé la Fornero: rosa da un profondo tormento, segnata da un lancinante rovello, ma, attenzione, le briglie di tanta pensosa introspezione sono saldamente in mano alla titolare, che non è per nulla disposta ad un mea culpa in cui le sofferenze e le umiliazioni degli esodati possano primeggiare rispetto al nobile cruccio di chi gli esodati ha creato. Basta un abbozzato tentativo di sottrarre la critica delle politiche del ministro Fornero al monopolio della formula indulgente e pietistica con cui l'ex ministro
Fornero si autoprocessa e si autoassolve, ed ecco guizzare i dentini aguzzi della razza padrona.
Infine la rassicurazione: «Non farò più il ministro neanche se me lo dovessero chiedere in ginocchio» (Corriere della Sera).
Niente paura, il suo lavoro sporco per il capitale lo ha già fatto, va bene così. Non mancheranno certo altri tecnici e politici pronti a rispondere ai nuovi appelli del capitale travestito da "Paese".
Per il momento che siano le migliaia di lavoratori esodati a sentirsi in colpa. Le loro miserabili condizioni, il loro degradante impoverimento, hanno fatto tanto soffrire l'ex ministro!
Troppo comodo e scontato pensare solo ai patimenti materiali di chi, dopo una vita di lavoro, è stato costretto a non poter arrivare più a fine mese, ben altri sono i tormenti spirituali della classe che non vive di solo pane!
Ci permettiamo, quindi, un consiglio per il domani, in modo da salvaguardare i prossimi torchiatori di lavoratori dalle ansie e dagli struggimenti che la loro anima sensibile rischia di causargli: i proletari che in futuro verranno licenziati, defraudati, spremuti e poi scaricati ai margini della società dovranno mostrare più riserbo e nascondere con maggior cura lo spettacolo urtante e moralmente molesto della propria indigenza.
La classe dominante e i suoi professori hanno infatti il pugno pesante ma il cuore tenero, ... dopo. |