LORO E NOI - 15/11/2017
 
Quando c'era il «cuscinetto»...

La parabola della sovranità dell'Isis su porzioni di territorio dell'Iraq e della Siria è finita. Il ridisegno imperialista della regione partorirà e alimenterà altri fenomeni di violenza organizzata, di matrice religiosa o meno. Intanto, quello che era stato dipinto sulla stampa internazionale come una smisurata entità predatrice, come il perno, il fulcro, la principale minaccia del conflitto siriano, e non solo, ora viene rapidamente relegato tra i ferrivecchi di un conflitto che prosegue. Non senza un accenno di rimpianto. Su La Stampa dell'11 novembre si fa notare come l'Isis in forze fungesse da «cuscinetto» tra le milizie curde in prima linea nella conquista di Raqqa e le truppe dell'esercito siriano proiettate a rioccupare il territorio nazionale (in un quadro dove sarebbero ora in ascesa le formazioni armate sciite legate all'Iran), con il grave rischio che questa guerra per procura veda il coinvolgimento sempre più diretto dei maggiori padrini delle forze locali, Stati Uniti e Russia in testa. La verità è che l'Isis, con il suo effimero potere statuale, ha coinciso con una fase del processo – concentratosi nella maniera più cruenta nell'area siro-irachena – di confronto tra potenze e di ridefinizione delle sfere di influenza delle potenze regionali e delle centrali imperialistiche. La violenza di questo processo andava ben oltre la pur brutale esperienza della formazione jihadista, oggetto molto più che soggetto, determinata molto più che determinante nel quadro del ridisegno imperialista. Ma la stampa borghese non può riconoscere e denunciare la matrice ultima delle guerre che, in questo caso, scuotono il Medio Oriente. È costretta a scoprire costantemente mostri, grandi “cattivi”, soggettivamente responsabili di una conflittualità che invece ha radici sistemiche. Mostri la cui scomparsa non può che produrre la necessità di trovarne di nuovi. È la mostruosità dell'imperialismo e delle sue dinamiche che deve essere taciuta.