LORO E NOI - 18/08/2017
 
Lavora bene, ma che parcella!

Sulla vicenda del manager uscente di Telecom Italia, Flavio Cattaneo, il Sole 24 Ore ci fornisce alcuni spunti interessanti. Nell’articolo di Fabio Pavesi, del 26 luglio (“Se Cattaneo vale oltre 400 dipendenti della sua ex Telecom Italia”), vengono presentate una serie di considerazioni sulle «buone ragioni» che aveva Cattaneo nel prendersi ben 25 milioni di euro come liquidazione. Quello che mette sotto giudizio Pavesi non sono tanto i 25 milioni di euro, ma il fatto che la cifra sia stata raggiunta nel poco tempo trascorso in azienda, cifra ottenuta infatti in solo 15 mesi di lavoro: «Fanno 1,66 milioni al mese o se volete 55mila euro per ogni giorno che l’ex ad del gigante telefonico ha passato seduto sulla sua scrivania». Pavesi riporta che in fin dei conti la somma ha le sue giustificazioni: «Cattaneo, dalla sua, porta i risultati aziendali a giustificare il ricco emolumento. (…) Sotto la sua gestione gli indicatori di performance sono migliorati senza dubbio». Da marzo 2016 a marzo 2017 «i ricavi del gruppo sono saliti del 2,6% in crescita di 120 milioni. Meglio ancora la redditività industriale salita in 12 mesi dell’8%». Tutto molto bene, quindi, ma cosa ha reso così “bravo” il manager, cosa hanno reso le sue performance così invidiabili? Chi ci ha rimesso nella ristrutturazione del gruppo? Come si può chiaramente apprendere dallo stesso articolo del Sole 24 Ore, per altro senza grosse sorprese, chi ci ha rimesso è stata la classe salariata! In questa fase in cui la classe lavoratrice è sostanzialmente assente dall’agone politico e sociale certe affermazioni si possono tranquillamente scrivere: «Anche se buona parte dello sforzo di miglioramento è finito sulle spalle dei dipendenti». Sempre Pavesi ci dice che Cattaneo «che ha fama di ristrutturatore (...) ha agito da subito sul costo del lavoro». Ecco, quindi, sciorinati nero su bianco i meriti che la borghesia riconosce al proprio cavallo di razza che tanto bene ha fatto in Telecom Italia: «La voce di salari e stipendi è calata in 12 mesi, da marzo 2016 a marzo 2017, di ben 88 milioni portando il peso del costo del lavoro sui ricavi dal 19% al 15,8%». Pavesi è chiaro nel suo ragionamento: «Cattaneo costato 25 milioni ne ha fatti risparmiare 88 milioni sulla pelle dei 50mila lavoratori Telecom». Insomma, se il giornale confindustriale ha qualcosa da ridire è nell’entità della ricompensa per il buon lavoro che il manager ha compiuto «sulla pelle dei lavoratori». Torchiare la forza-lavoro, spremerla e tagliarla va benissimo, fa parte delle sacre regole del gioco capitalistico, ma attenzione che gli artefici diretti di queste operazioni non finiscano per intascare somme talmente stratosferiche da ridurre troppo sensibilmente per l’azienda i profitti ottenuti «sulla pelle dei lavoratori». Si riaffaccia così sulle pagine del quotidiano confindustriale l’antico sogno del capitalismo: disporre di agenti che sappiano strigliare la classe lavoratrice ma animati da un sano spirito “calvinista”, alieni da avidità individuali che potrebbero ridimensionare i buoni – buoni per il capitale – risultati del loro agire. Così facendo, continua l’articolo, l’ex AD ha reso il risultato delle sue prestazioni meno «strepitoso». Da parte nostra affermiamo invece che la classe operaia deve fare tesoro di queste vicende per organizzare con sempre maggiore fermezza una difesa integerrima e autonoma del salario e delle proprie condizioni di classe. Senza fare affidamento sulle critiche tutte borghesi che il capitale può riservare ai suoi agenti, criticabili per le loro pretese manageriali nei confronti dell’azienda ma non certo per aver fatto sistematicamente il loro dovere capitalistico «sulla pelle dei lavoratori».