LORO E NOI - 28/07/2017
 
Nerone e Lenin

Le opere letterarie, cinematografiche o teatrali possono essere, e spesso lo sono state, fonte di riflessione, strumenti in grado di stimolare la conoscenza di particolari personaggi o avvenimenti storici. Probabilmente non è il caso, a giudicare dalla recensione pubblicata dal Corriere della Sera (23 luglio), dello spettacolo teatrale del regista Boris Yukhananov dal titolo OCTAVIA.TREPANATION, un’opera sulla tirannia, tratta dalla tragedia attribuita a Seneca, che ha come protagonista l’imperatore romano Nerone con le sue sanguinarie vicende, ma all’interno della quale vengono letti testi estrapolati da un saggio di Lev Trotskij su Vladimir Lenin. L’opera dovrebbe indagare, nelle intenzioni degli autori, i meccanismi della rivoluzione bolscevica di cui quest’anno ricorre il centenario. Si oscilla tra epoche diverse: la Roma di Nerone e la Russia di Lenin e la scena è dominata da un enorme cranio del leader rivoluzionario cinto dalla corona d’alloro degli imperatori romani, come se tutte le vicende narrate agissero nel suo cervello. Ad unire personaggi così diversi il tema della tirannide, un tema che sarebbe, secondo il regista, di viva attualità: «abbiamo avuto tre Rivoluzioni: quella del 1917, la Perestrojka e quella attuale, col cambio drastico di modello sociale, dal socialismo al capitalismo. Ognuna di esse porta all’affermazione della mediocrità. Stiamo assistendo a una metamorfosi strisciante, dove la tirannia del futuro è già palese nel presente». Dalle parole di Yukhananov emergono le solite ritrite banali conclusioni: la rivoluzione russa vista (a prescindere dai rapporti internazionali e dal livello di lotta di classe di quel particolare contesto storico) come un semplice atto di forza attuato da un’èlite autoritaria, il capitalismo di Stato sovietico scambiato per socialismo, la bontà della democrazia ecc. In questa sequela di banalità splende, nelle parole del regista, una probabile verità: stiamo assistendo all’affermazione della mediocrità, una mediocrità che ormai non risparmia nemmeno il settore culturale e teatrale.