LORO E NOI - 30/06/2017
 
Stato e poteri economici nella riflessione “teorica” dei vertici Cgil

La vicenda dei voucher, usciti dalla porta e prontamente rientrati dalla finestra sotto nuovo nome grazie alle manovre del Governo di centro-sinistra, avrebbe dovuto suggerire alla dirigenza del maggior sindacato italiano, ormai ipnotizzato dal feticcio giudiziario-parlamentare-costituzionale, qualche considerazione di fondo sulla funzione del sindacato, sulla necessità di una sua autonomia di classe, sugli strumenti e le modalità di azione che storicamente gli appartengono e su quelli che invece tendono ad essere funzionali al perseguimento di altri interessi. Macché. La triste e grottesca vicenda ha invece stimolato nel segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ambiziose riflessioni teoriche.
Il problema, secondo la Camusso, andrebbe ricondotto alla «debolezza della politica, la sua paura di interferire sui poteri economici. Ormai si rassegna» (il Fatto Quotidiano, 17 giugno). La “politica” non ha quindi servito, come doveva, gli interessi del capitale. Si è rassegnata a non svolgere il ben differente ruolo che pure può e deve assumere.
L'elaborazione marxista sulla natura di classe dello Stato, sul potere politico dello Stato quale comitato d'affari della borghesia, è evidentemente superata. Il problema non è che il ceto politico insediato nelle istituzioni è proiettato necessariamente a rappresentare, difendere e affermare gli interessi della classe dominante, ma che i politici hanno un po' di tremarella a fare la cosa giusta. Il problema è, quindi, trovare (e votare) un ceto politico dalla schiena un po' più dritta, e, fatto questo, lo Stato nel capitalismo smetterà di essere lo Stato del capitalismo.
Di fronte a simili asinerie, tanto tronfie quanto sballate, verrebbe da invitare i burocrati sindacali a lasciare perdere le elucubrazioni “teoriche” e a tornare ad un impegno più diretto sul fronte della difesa degli interessi immediati dei lavoratori. Ma poi ci si ricorda delle prove offerte anche su questo terreno e la conclusione si impone da sé: teoria e prassi hanno trovato ai vertici Cgil una sintesi devastante.