LORO E NOI - 30/03/2017
 
La nobile battaglia confindustriale contro la «dimensione ideologica»

Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, lancia l’allarme contro la minaccia della «dimensione ideologica» (Il Giorno, 27 febbraio).
Tale nefasta dimensione, che nello specifico si manifesterebbe nelle critiche al Jobs Act, si baserebbe su una rappresentazione del «lavoro» come sganciato, se non antitetico, allo «sviluppo».
Non sappiamo di preciso a chi si riferisca il presidente degli industriali. Da parte nostra, possiamo solo affermare che mai la scuola marxista ha contrapposto la forza lavoro ad un generico sviluppo (sviluppo di chi? Di cosa? Dell’economia o della società quali entità vaghe e indistinte?). Anzi, per il marxismo la lotta per il comunismo è essenzialmente lotta per sottrarre le forze produttive, nei fatti già su scala sociale, al drammaticamente limitativo dominio della proprietà privata e del sistema capitalistico. Semmai il marxismo contrappone la forza-lavoro al capitale. Siamo infatti per il più pieno e rigoglioso sviluppo del genere umano, finalmente liberato dalle catene del capitalismo.
Sono invece realtà, categorie quali capitale e profitto che, nella dicotomia evocata da Boccia, rientrano soavemente nel termine di «sviluppo».
Certo è che racchiudere i propri interessi di classe, nascondendone la specificità e la conflittualità rispetto ad altri interessi sociali, in un’espressione gradevolmente evocativa, capace di suggerire generali aspettative di benessere, come «sviluppo», sa molto di ideologia. Ma si sa: la tanto deprecata ideologia è solo quella degli altri. Quando serve a tutelare e promuovere i propri interessi di classe dominante, il richiamo ideologico diventa razionale, illuminato e oggettivo sostegno allo «sviluppo» della nazione, della patria, della comunità, del territorio, delle future generazioni etc. etc. Il lavoratore licenziato, spiato e punito, demansionato, grazie al Jobs Act, e in generale tutti i proletari che subiscono l’oppressione capitalistica devono, evidentemente, rendersi conto che, se pretendessero di reagire e o di difendersi, sarebbero contro lo «sviluppo».