LORO E NOI - 22/03/2017
 
Alternanza scuola-lavoro ovvero forza lavoro in omaggio al capitale

Non ci voleva certo un marxista per capire che l’alternanza scuola-lavoro, resa obbligatoria dalla riforma Buona Scuola, si sarebbe risolta nella fruizione alle aziende di forza lavoro non specializzata gratuita. Già dall’impianto legislativo, emergeva infatti un modello sostanzialmente improntato a dare alle aziende carta bianca sulla gestione dell’alternanza. Così, su il Fatto Quotidiano del 6 marzo scopriamo come la studentessa dell’alberghiero sia stata impegnata, durante il periodo di alternanza, a pulire tavoli e latrine di un ristorante, o come lo studente del liceo scientifico si sia fatto cinque giorni nel retrobottega di un cinema ad archiviare vecchie locandine dei film anni ‘80, e, ancor più interessante, scopriamo che una studentessa, impegnata nella assai formativa attività di volantinaggio, abbia lavorato 10 – 12 ore di fila, con solo un quarto d’ora di pausa. Che dire… un pedagogico assaggio di ciò che li aspetterà nel prossimo futuro.
Certamente, per le esigenze della borghesia italiana, la sovrastruttura scolastica presenta soglie di squilibrio che vanno oltre al fisiologico. Il numero di studenti, anche di estrazione proletaria, che ritardano il loro ingresso nel mercato della forza lavoro per prolungare gli studi superiori, senza che da ciò derivi un effettivo vantaggio per gli imprenditori, non è certo residuale. Non sarà certo con l’alternanza scuola-lavoro che la classe politica italiana risolverà questo squilibrio, ma con questo strumento, se da un lato cerca di istradare molti studenti su un binario che li allontani dall’idea di proseguire gli studi, dall’altro fa l’ennesimo regalo alla borghesia italiana, sempre più avida di forza lavoro sottopagata e flessibile. Una forza lavoro mantenuta con un welfare famigliare sempre più eroso.