Guardare (e discutere) ma non toccare
Nella trasmissione Mix 24 andata in onda il 22 febbraio su radio24 e condotta dal giornalista Giovanni Minoli, si discuteva di accumulo di ricchezza e crescente disoccupazione. La ricchezza si polarizza sempre più nelle mani di pochi, il progresso tecnologico genera continui aumenti nella produttività del lavoro e questo porta ad incrementi considerevoli nei livelli di disoccupazione (oltre che dei profitti). Masse crescenti di nullafacenti nel prossimo futuro si ammasseranno minacciose alle porte dorate dei nuovi (e vecchi) ricchi del pianeta. Come rispondere a quello che sta diventando un problema sociale di difficile soluzione?
La proposta del “filantropo” Bill Gates, miliardario grande capitalista, di tassare i robot e strumenti affini che tolgono posti di lavoro ai poveri esseri umani (salariati) è una provocazione, difficilmente percorribile, visto che va ad intaccare i profitti.
Quindi, reddito di cittadinanza, bandiera dei grillini? Forse, ma le casse statali languono (anche se rimane un’idea sul piatto, visto che è interclassista).
Il professore universitario di turno, sociologo del lavoro, timidamente propone qualcosa di effettivamente rivoluzionario: riduzione dell’orario di lavoro.
Accidenti, sarà mica che sotto il peso delle contraddizioni insanabili del capitalismo gli apologeti del capitale siano giunti alla classica rivendicazione del movimento operaio “lavorare meno, lavorare tutti”? Ben sapendo però che l’approdo al marxismo non avviene per “movimento naturale” e che gli apologeti del capitale di cui sopra certo non hanno nessuna intenzione di mettere in discussione l’attuale società, ecco che il “lavorare meno” viene poi meglio esplicitato, ritornando nell’alveo del credo borghese.
Si potrebbe lavorare meno, ma la riduzione dell’orario di lavoro dovrebbe avvenire a livello globale. Tutti i Paesi dovrebbero ridurre contemporaneamente l’orario di lavoro, altrimenti chi non lo fa ci guadagnerebbe rispetto agli altri. E poi se lavori meno, guadagni meno.
Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario non solo non è una strada percorribile, ma non è neppure contemplata. Perché? Perché significherebbe dover intaccare i profitti dei capitalisti.
Anatema! Il profitto è sacro, non si tocca. E allora ecco che gli ideologi borghesi si picchiano il petto al grido di “me tapino”, in quanto non riescono a trovare la quadra del cerchio. Soluzioni oggi non paiono esserci, attendiamo dunque che qualche mente illuminata faccia saltar fuori il coniglio dal cilindro e ci salvi tutti (soprattutto il capitale).
Le contraddizioni del capitalismo sono insanabili, pena mettere in discussione il profitto, legge sacra e naturale.
Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario suona come una bestemmia alle orecchie degli ideologi borghesi, ma è l’unica via per il proletariato, soprattutto dei Paesi a più vecchio sviluppo capitalistico, per uscire dalla morsa della disoccupazione e dell’impoverimento salariale.
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