LORO E NOI - 31/12/2024
 
Non esiste energia pulita nel capitalismo

Commentando le catastrofiche inondazioni che a fine ottobre hanno colpito la Spagna, in particolar modo alcune aree della sua parte sud-orientale, Jonathan Watts, responsabile delle tematiche ambientali globali per The Guardian, ha definito questo evento come un «disastro innaturale», lo ha posto in relazione al cambiamento climatico e ad altre situazioni drammatiche in varie aree del pianeta, denunciando il rischio di una loro normalizzazione presso l’opinione pubblica e come i Governi continuino a concentrarsi sui ritmi della crescita economica piuttosto che sulla sicurezza climatica (The Guardian Weekly, 8 novembre).
A prima vista, si tratta di affermazioni su cui anche noi, sulla base della nostra impostazione marxista, potremmo in larga misura concordare: ricondurre eventi simili alla solita retorica della natura, che poderosamente e drammaticamente si incaricherebbe di rivelare la fragilità dell’uomo al suo cospetto (una volgare e persino interessata caricatura – non ci stanchiamo di ripeterlo – della sofferta e ben più profonda riflessione leopardiana), è un trucco o una dimostrazione di incompetenza funzionali a rimuovere le contraddizioni e le responsabilità del modo di produzione capitalistico, con le sue logiche e le sue priorità; è vero che le masse appartenenti alla classe dominata sono sottoposte costantemente alle pressioni e alle influenze ideologiche provenienti dalla classe dominante in grado, in determinati e persino lunghi periodi storici, di “normalizzare” anche le più difficili, diffuse e inique condizioni di vita e di pericolo; è vero anche che i poteri politici della classe dominante antepongono inevitabilmente gli interessi del capitale, i profitti e la competitività delle proprie borghesie di riferimento alla salute e alla sicurezza della popolazione nel suo insieme.
Ma, soprattutto quando si affrontano tematiche così grandi, importanti e drammatiche, l’utilizzo delle parole conta, è fortemente rivelatore di una determinata lettura di questi problemi, degli interessi di classe che oggettivamente la ispirano.
Rifiutare queste catastrofi come “naturali” non comporta l’acquisizione di alcuna reale consapevolezza del loro autentico carattere storico e sociale, delle loro cause più profonde, se si finisce poi a proclamare che la crisi climatica è «human-caused», una responsabilità “umana” scevra di ogni distinzione e responsabilità di classe. Essere umano e capitale non sono sinonimi.
Quando si vuole affrontare le responsabilità e le cause reali di situazioni ed eventi di questa portata, la superficialità, l’eccessiva semplificazione, le carenze e l’incompletezza oltre un certo limite smettono di essere innocenti.
Quando ci si misura con simili questioni, sbagliare il bersaglio o inquadrarlo in maniera troppo parziale e riduttiva non è un errore privo di effetti e significati.
L’esperto di questioni ambientali dello storico quotidiano britannico lancia una sorta di diretta, esplicita parola d’ordine: «uccidere l’industria dei combustibili fossili prima che uccida noi».
Indicare come nemico del genere umano esclusivamente «l’industria dei combustibili fossili», e non il capitalismo nel suo insieme, non è un primo passo nella giusta direzione, non è un atto giusto a metà o un “meglio che niente”.
È l’utilizzo capitalistico dei combustibili fossili che sta danneggiando l’ambiente in cui vive il genere umano, è l’inserimento di questo tipo di energia nella logica del capitale a renderla una minaccia per le condizioni di vita di enormi masse di popolazione, soprattutto gli strati più poveri e privi di mezzi per tutelarsi di fronte al degrado ambientale. Non esiste utilizzo di risorse energetiche nel capitalismo che non integri processi di sfruttamento, di dominazione di classe, di riduzione di tutto ciò che vive a merce. Non esiste forma di energia “pulita” nelle mani del capitale.
«Uccidere il capitalismo prima che uccida noi».
Tutte le presunte soluzioni, tutte le grida di battaglia che non arrivano a questo non sono più solo ingenuo luddismo, incapace di distinguere, di separare una risorsa, una fonte di energia, un’innovazione tecnologica e il suo utilizzo capitalistico. Sono nei fatti parte del confronto tra frazioni borghesi, servono un padrone contro un altro, nella piena continuità e difesa del regime capitalistico, del suo sfruttamento, delle sue distruzioni, della sua cieca e feroce corsa al profitto.